E giusto o no dare la paghetta settimanale ai figli? E a cosa serve? E come va gestita?
Da bambino adoravo guardare le puntate de “I Robbinson” e mi è rimasta impressa la puntata con la paghetta settimanale: uno dei figli voleva andare a vivere da solo credendo fosse semplice e senza la minima idea di concretezza, quindi i genitori simulano per alcuni giorni la situazione.
Adibirono una zona della casa come fosse casa sua.
Se lavorava, in casa, riceveva un compenso. Così guadagnava il denaro per vivere.
In questo modo iniziava a comprendere che tutto ciò a cui aveva accesso nella vita e che dava per scontato, non pioveva dal cielo.
Se voleva guadagnare di più doveva lavorare di più, e gli assegnavano ogni genere di compiti.
Dal suo stipendio, che si era faticosamente guadagnato, iniziarono a decurtargli:
- Vuoi dormire? Dai tuoi soldi ti decurto la quota per l’affitto.
- Vuoi mangiare? Dammi i soldi in cambio del cibo.
- Vuoi luce, gas, telefono? Paga la tua quota di bollette
- Hai guadagnato? Ti prendo una quota per le tasse
Lo ritengo un grande insegnamento vissuto sulla propria pelle, e vale più di tante parole.
Ad una certa età si comincia a dare la paghetta settimanale ai figli, o con la scadenza che preferite.
Cosa determina l’introduzione di questo cambiamento?
- In primo luogo determina un risparmio per noi genitori.
- Prima dell’introduzione della “paghetta”, papà e mamma sono un bancomat a ciclo continuo, e quindi si incomincia a regolamentare i flussi.
- Si devono responsabilizzare. Ci sono alcune cose che ancora riguardano noi genitori, come i libri e tutto ciò che concerne il materiale scolastico, ma tutto ciò che riguarda il loro privato, i loro sfizi e divertimenti, è ora affidato alla loro gestione.
È fondamentale, per questo aspetto, stabilire bene e prima di iniziare, cosa sia a carico dei figli e cosa sia a carico dei genitori, e propongo di fissare ogni tanto una verifica, perché per quanto tu abbia una fantasia fervida, l’esperienza mi ha insegnato che ci sono sempre voci di spesa che non avevate considerato.
Altra cosa importantissima per la paghetta settimanale ai figli: quella è la cifra, se non te la fai bastare, non è affar mio.
Certo, va considerato bene l’ammontare, perché, obiettivamente, dare 1 euro a settimana è come non dare nulla.
Ma una volta stabilita la giusta cifra, sarà loro onere gestirla al meglio, anche in ottica di progettualità: se per quella certa cosa ti occorrono 10 euro e ne ricevi 5 alla settimana, conserva per una settimana la paghetta e accumula, così da raggiungere la cifra necessaria.
Ti sembra ovvio? Beh, sappi che non lo è anche per molti adulti, figuriamoci per degli adolescenti.
3. Gratis? Dare del denaro in cambio di nulla? Noi abbiamo deciso che la paghetta settimanale debba essere guadagnata grazie ad una lista di faccende domestiche, che vanno dal passare l’aspirapolvere al rifare il letto, dal innaffiare i vasi sul balcone al pulire l’acquario e così via.
Per ogni voce un importo, chiaro, scritto e appeso (abbiamo calcolato gli importi perché arrivino a fine settimana alla somma che abbiamo ipotizzato).
Importante: abbiamo precisato, prima di iniziare, che se i lavori vengono svolti in modo superficiale, senza un reale risultato apprezzabile, l’importo viene ridimensionato.
A fine settimana si tirano le somme.
Qualche volta incassano più di quel che gli avremmo dato, ma se lo sono meritato, perché significa che si sono impegnati in più faccende.
E qualche volta… Bonus.
Perché il lavoro è stato svolto con particolare attenzione. Vogliamo passi il messaggio, che se ti impegni, ottieni risultati superiori ed inattesi.
Ad un certo punto, sappiamo che toglieremo questa regola del fare per avere.
Perché lo scopo non è avere delle colf, ma insegnare loro alcuni concetti utili e che ritroveranno nella vita da adulti.
Quando avranno compreso ed accettato che svolgere dei compiti non è un obbligo ma un contributo, inizieranno a svolgerli di loro iniziativa, e non sarà più necessario avere un prezziario.
Ma ci arriveremo.
Fabio Salomoni