I figli e la scuola – Con la DAD, la pandemia, il distanziamento e i ridotti contatti sociali, molti ragazzi hanno ridotto lo studio riportando insufficienze che non hanno saputo recuperare e hanno preteso di non andare più a scuola.
Da un certo punto di vista comprendo questi ragazzi.
Li capisco perché un anno sono stato bocciato, a ragioneria, e a un mese dalla fine dell’anno scolastico, sapevo che non sarei riuscito a recuperare e, andare a scuola, era un supplizio.
Un supplizio, perché gli insegnanti continuano a fare i compiti in classe, continuano a interrogarti, ma il ragazzo non ha più intenzione di studiare, anche perché per molte materie se c’è l’insufficienza, significa che mancano delle nozioni dei mesi prima e, riuscire ad apprendere le cose nuove senza aver appreso quelle precedenti, risulta impossibile.
Sapere di avere lacune e che con quelle lacune non sei in grado di avere una preparazione sufficiente nel presente, porta a considerare lo studio come un’inutile perdita di tempo.
È il classico “chi me lo fa fare” se, tanto, non posso mettermi in pari e faccio comunque delle figuracce prendendo altri brutti voti.
Quindi la soluzione più semplice per i figli è fuggire, rinunciare, esimersi dal frequentare ed evitare di esporsi allo stillicidio dei voti e delle figuracce (anche perché i professori con l’idea di aiutarli e permettere loro di recuperare, li interrogano con maggiore insistenza, non sapendo che per lo studente è una tortura perché ha ormai mollato).
Quindi, da una parte, capisco il ragionamento di questi ragazzi.
I figli e la scuola – Qual è il timore del genitore?
La maggior parte dei genitori, non sono contrari all’abbandono dei figli dell’anno scolastico. Non ne sono felici, ma possono accettarlo.
Allora cosa rende la situazione insopportabile? Il genitore non vuole che i figli se ne stiano li, tutto il giorno, a bighellonare.
Cosa vuole il figlio? Cosa vuole il genitore?
Potrebbe essere che tu dica: “Io non voglio che il figlio si abitui a non fare nulla. Se siamo a questo punto è perché si è impegnato poco. Ha fatto lo stretto necessario, ha puntato al 6 striminzito e, quando si punta al sei, basta un piccolo inconveniente e sei già insufficiente”.
Quindi qual è il timore del genitore? Quello che non vuole, è che trascorra uno o più mesi a gambe all’aria, Play, chat con gli amici, come se fosse in vacanza a divertirsi, perché non c’è molto di cui essere divertiti.
Il genitore ha paura che si abitui a non fare, ha paura che si crei la normalità di stare a casa senza fare niente.
Come scendere a patti con i figli?
Occorre dire in modo diretto e chiaro che se accetti che stia a casa, se gli vai incontro, occorre sapere in che modo il figlio dichiari di voler venire incontro a te, dimostrandoti che non è un lavativo che butta via quest’anno, butterà via il prossimo e quello dopo ancora, perché ormai si è convinto di poter fare la vita del mantenuto.
Sai cosa fece mio padre? Mi disse: “Cosa vuoi fare il prossimo anno? Se cambi scuola, ok, inizi a studiare argomenti di quella scuola dove andrai. Se resti in questa scuola e ripeti l’anno, vai a ripetizioni e ti impegni a studiare per compensare le lacune, in modo che l’anno prossimo non ci troviamo in questa situazione. Che ne dici? Tu non fai il lavativo e io sono tranquillo. Io non insisto che tu vada a scuola a sottoporti a compiti in classe e interrogazioni!”
Patti.
Compromessi.
Negoziazione, che con un figlio adolescente, sono all’ordine del giorno.
Così, trascorsi 3 mesi a fare ripetizioni con un insegnante che mi dava i compiti (meno che se fossi andato a scuola) e mi interrogava. L’anno dopo ero effettivamente avanti perché alcune cose che mi sembravano complicatissime le avevo ormai sistemate.
Ovviamente, come spiego ad ogni corso o diretta, mio papà aveva anche messo una possibile sanzione nel caso in cui fossi venuto meno ai patti: io vivevo per la pallacanestro e disse “Se fai il lavativo anche con le ripetizioni l’anno prossimo non ti iscrivo alla squadra perché hai disatteso il nostro patto. Decidi Tu”.
Per me fu un enorme motivo di impegno perché l’idea di non giocare più mi atterriva.
I figli e la scuola – Comprensione per ciò che sta vivendo.
Ascoltiamoli, poniamo domande ma senza il tono di giudice accusatorio e chiediamo cosa non è andato per il verso giusto?
Come si sentono?
Come vedono il futuro?
Cosa li preoccupa?
In che modo pensano di poter andare oltre la preoccupazione?
Cosa li ha bloccati o limitati in questo anno?
Come fanno a sapere che non accadrà anche il prossimo anno?
Cosa intendono fare di diverso?
Perché pensano di agire realmente in modo diverso?
Domande per capire, per esplorare e, importantissimo, per avvicinarci.
Fabio Salomoni