Figli e smartphone: mi capita di incontrare sui social video di Crepet, professionista certamente di indiscusse capacità e di grande eloquenza ma, nelle sue affermazioni, spesso trovo il desiderio di dire frasi acchiappa clic.
Dicendo: “Ai figli bisogna togliere il cellulare perché altrimenti si rincretiniscono tutti” si dice una cosa che quasi tutti i genitori condividono e, poiché ci piace che i professoroni siano d’accordo con noi, tanti cliccano “mi piace”.
Ma, il fatto che pensino così la maggior parte dei genitori in difficoltà con i propri figli, non significa che sia la risposta giusta al problema. È la più gettonata, ma non è la più giusta.
Impedendo ai figli l’uso del cellulare, sarebbero tagliati fuori dalla loro comunità. È quello che vogliamo? Realmente vogliamo che i nostri figli siano emarginati perché non hanno lo strumento per creare connessione, per far parte dei gruppi, per essere aggiornati su ogni argomento del momento del gruppo di appartenenza?
Dal mio punto di vista, il telefono e altri dispositivi sono diventati strumenti quasi indispensabili per la vita di tutti. Compresi i figli, piaccia o non piaccia.
I genitori che esempio sono con gli smartphone?
Invece che i figli e lo smartphone, osserviamo la vita degli adulti: dalla semplice telefonata ai familiari, ai parenti, agli amici o all’uso per lavoro, siamo passati alle mail, alle notifiche e gestiamo gran parte delle nostre azioni lavorative, attraverso questi apparecchi. Anche nel tempo libero, il leggere il giornale o alcune notizie, o il fare i giochini dai più semplici ai più complessi e l’uso dei social per ricreazione e svago, infatti molti di noi adulti usiamo questi “aggeggi” per guardare video, seguire lezioni, etc.
Vi do alcuni dati: ogni 60 secondi vengono inviate 190 milioni di mail, ogni 60 secondi su google vengono fatti quasi 4 milioni di ricerche, ogni 60 secondi 1 milione di log-in su face book, ogni 60 secondi 42 milioni di messaggi tra messenger e whatsApp. Ogni 60 secondi 1 milione e mezzo di persone è su tinder. Quindi, spostando il focus dai figli e gli smartphone, sugli adulti, si scopre che siamo molto attaccati agli apparecchi, immersi nello schermo. “Per lavoro” mi dicono molti adulti: certo, per lavoro, anche Tinder è per lavoro…
Quale esempio siamo? I tuoi figli non sanno che hai una mail da inviare, o che stai aspettando la notifica del cliente o del fornitore. Per i figli, sei semplicemente con gli occhi puntati sullo schermo. Diventa quindi difficile dire ai figli “non stare troppo al telefono o al tablet. Ricordiamo che l’esempio è l’insegnamento principale. Insegnamento attraverso la nostra coerenza. Se dici a loro di non stare troppo al cellulare e poi loro ci vedono con in mano lo smartphone perdiamo di credibilità.
Tu lo usi poco e mai in loro presenza? Importa poco. La maggior parte degli adulti con i quali entrano in contatto usano le tecnologie in abbondanza e i figli lo notano.
Educare i figli con gli smartphone?
Ai figli con lo smartphone dobbiamo insegnare le funzioni dell’apparecchio? Come genitore, non devi insegnare ai tuoi figli con lo smartphone come utilizzarlo, anzi, con ogni probabilità saranno loro a insegnarlo a te. Ma tu devi educare i tuoi figli al loro utilizzo.
Dobbiamo essere più vicini ai nostri figli.
Se una volta la TV è stata la babysitter di tanti figli, ora, in molte famiglie, lo è diventato lo smartphone. Fin dalla più tenera età: “Voglio mezz’ora di tranquillità… tieni il cellulare”.
Dobbiamo educare i figli all’uso degli smartphone, ad esempio insegnando loro il “rispetto”: il rispetto di quando usarlo e quando no, quando togliere la suoneria, ma dobbiamo anche insegnare che nelle conversazioni on-line occorre avere rispetto perché è facile lasciarsi andare ad affermazioni o commenti che poi assumono dimensioni inaspettate.
Osservo i commenti degli adulti su facebook e noto che spesso vengono usati termini e toni che sono inauditi, che non si utilizzerebbero in una conversazione in presenza.
Seguo una pagina di parenti con malati di demenza e Alzheimer e a volte i commenti sotto alcuni post sono di una cattiveria inconcepibile. A volte una mamma mi scrive di un problema con i propri figli e tra i commenti ecco che emergono i criticoni, quelli che dall’alto della loro sapienza danno etichette “imbecille” “Incapace” giudicando situazioni che non conoscono realmente, di aspetti che non sanno. Ogni volta mi chiedo “ma chi sei, tu, per scrivere queste cose a una persona che neppure conosci, su una situazione che non vivi…”. Beh, i figli vanno educati anche su questo e non è ovvio!
Dobbiamo insegnare ai nostri figli (e dobbiamo imparare noi stessi) a chiederci “quale stato d’animo può innescare questo mio messaggio? Se lo ricevessi io cosa proverei?”
Non demonizzare gli smartphone dei tuoi figli
Noi genitori non dobbiamo demonizzare queste tecnologie. Esistono. Fanno parte della quotidianità.
Ormai ogni cosa la si fa con gli smartphone. Con il medico di base dei miei genitori posso comunicare esclusivamente con WhatsApp, per rinnovare la carta d’identità devo prenotare l’appuntamento sul sito del comune, ogni operazione bancaria avviene ormai tramite un’apposita App, per ogni operazione c’è bisogno dello SPID o della carta d’identità elettronica con codici e password da memorizzare. Più andremo avanti e più i passaggi attraverso le App saranno inevitabili ed obbligate.
I figli dovranno essere in grado di destreggiarsi con abilità in questo mondo.
Il problema non sono gli smartphone ma l’uso senza regole e le regole le dovete fissare voi genitori.
Le regole ai figli con lo smartphone
Attenzione: dico sempre che mettere regole significa poi mettersi nelle condizioni di fare la fatica di farle osservare, fare la fatica di controllare che le regole vengano rispettate, fare la fatica di rispettarle noi stessi e, infine, fare la fatica di sanzionare se le regole vengono trasgredite.
Quindi, ogni genitore deve sapere che ogni regola comporta, a te genitore, 4 fatiche. Non basta dire “Ho messo la regola. È colpa sua che non la rispetta”. No, troppo facile scaricare barile così. Ecco il motivo per cui i figli non rispettano le regole. Perché i genitori non fanno alcune delle 4 fatiche legate alle regole.
I figli e il tuo smartphone
Una delle regole è legata all’accesso al tuo telefono. Se tu hai un codice di accesso al tuo cellulare, non lo dai a tuo figlio. Se tuo figlio non ha un apparecchio proprio e vuole utilizzare il tuo, deve ricorrere a te, deve venire da te perché gli venga sbloccato. Alcuni genitori mi dicono “È un disastro. Prende il mio cell e ci gioca”. No. Metti una sicurezza e se prende il cell senza il tuo consenso non può giocarci. Anche perché attraverso il tuo cellulare ed un uso incontrollato, possono accedere a ogni tipo di contenuto.
E la password dei figli? Quando dai ai tuoi figli il primo cellulare (e quelli successivi, fino ad una certa età) devi fare un patto con loro (almeno fino a che non li ritieni abbastanza maturi): “Se vuoi il cell, sappi che io devo avere accesso libero per controllare cosa ci fai”. Se lo vuole è così, se non gli/le sta bene non avrà e non userà lo smartphone. Punto. Decida la soluzione che preferisce tra le 2 opzioni che stabilisci tu. Il cellulare di un ragazzino di 11-12 anni, non è suo. Lo hai comprato tu, genitore, con i tuoi soldi e glielo presti, gli permetti di utilizzarlo come se fosse suo: ma non lo è.
I figli devono scegliere se usarlo con le tue regole o non usarlo.
È ovvio che poi, se metti questa regola devi fare le 4 fatiche e controllare di tanto in tanto cosa ci fa, con chi chatta, con quanto rispetto scrive. Un genitore di un ragazzino non può non sapere che suo figlio insulta un altro in chat; significa non svolgere il proprio compito genitoriale.
Il problema non è il cellulare. Il problema non sono Tiktok o Instagram. Il problema è il nostro ruolo educativo.
Meno autostima e più utilizzo degli smartphone
Quanto tempo dedichiamo noi genitori ai figli e quanto siamo competenti? Quanti strumenti abbiamo nel saper dare una buona autostima ai figli? “E ma l’autostima non c’entra con questo argomento”.
Non c’entra? Altroché! Perché tanto meno hanno autostima e tanto più saranno alla ricerca del like, del cuoricino, del commento di approvazione che li facciano sentire apprezzati, all’altezza, ben voluti dal mondo esterno.
Ma i genitori si aspettano che i figli formino da sé la loro autostima. Non pensano a come imparare ad agevolare questo processo. Se non sappiamo insegnare loro ad auto-bastarsi, compenseranno con i social, “quanti like hai?” 10. “Io 500, quindi io sono fico e tu non vali niente”. Se non arrivano like, quel ragazzo pensa di non piacere al mondo, non essere considerato, non esistere!
A tuo avviso, come mai, nelle sfide sui social, molti ragazzi si riprendono mentre fanno le loro bravate e le postano? Perché attraverso quelle immagini attirano l’attenzione e, quanto più attirano l’attenzione, tanto più si sentono vivi, sentono di esserci, di esistere, di contare.
Una volta ti sentivi vivo se sfidavi la regola (botta di adrenalina), oggi si sentono vivi se dopo aver sfidato la regola e postato la foto o il video, ricevono apprezzamenti.
Fabio Salomoni