Come aiuti i tuoi figli? Ogni bravo genitore, quando vede i propri figli in difficoltà, corre in loro aiuto.
Se sia opportuno correre sempre in aiuto e addirittura anticipare il loro bisogno di essere aiutati, è un argomento che ho già affrontato in precedenti articoli e che di certo ritroveremo in futuro. Oggi desidero affrontare un altro aspetto: siete sicuri che ciò che fate per aiutare i figli, i vostri interventi, siano un reale aiuto?
lo dico in modo molto diretto: dare indicazioni ai figli è giusto e utile ma, molto spesso, le indicazioni che i genitori forniscono ai figli con l’intenzione di aiutarli non servono a nulla se non ad alimentare la frustrazione e lo sconforto.
Alcuni figli hanno delle difficoltà nel fare alcune cose, nello svolgere alcune mansioni, scolastiche o di casa, e noi genitori ci spazientiamo perché ci sembra che quella cosa sia semplice se non addirittura ovvia.
Il fatto che ci sembri un’azione banale o facile fa spazientire molto anche nel rapporto di coppia dove accade che Lui o Lei agisca diversamente da come avremmo fatto noi, oppure capita che non faccia ciò che per noi era ovvio, e scatta subito quell’atteggiamento tipo “ma sei proprio un pirla… ma com’è possibile? Io proprio non mi capacito… etc”.
Come aiuti i tuoi figli? Per te è semplice, per i figli è difficile
Torniamo ai figli…
da qualche tempo, una coppia di genitori che hanno una figlia, hanno iniziato un percorso con me. La ragazzina fatica a organizzare il proprio lavoro scolastico e non riesce a svolgere i compiti da sola. Quando si appresta ad iniziare i compiti vuole che uno dei genitori, di solito la mamma che è più presente, sia al suo fianco e che la aiuti.
La 12enne, se non ha qualcuno accanto, si rifiutava di procedere con i propri compiti poiché non sa da dove iniziare e, quando deve ripassare dei capitoli prima del compito in classe o di una interrogazione, ha la sensazione che i compiti la soverchino, e la mamma, spazientita, le dice “Organizzati. Portati avanti. Suddividi l’argomento e studialo un po’ per giorno specie nei giorni che hai meno da fare”.
Il ragionamento, di per sé, non fa un piega. Se la ragazzina organizzasse meglio i propri impegni di studio, non si ritroverebbe, in prossimità dei compiti in classe, con un carico spropositato di argomenti da studiare.
C’è solo un piccolo problema: ho chiesto alla mamma che dava quel consiglio alla figlia: come si fa ad organizzarsi? Glielo hai insegnato?
Non è ovvio. Per alcuni lo è, ma per altre persone non lo è affatto e quindi chiedo: “come fai a fare ciò che fai e che per te è ovvio?”.
Ipotizzo che coloro che si sanno organizzare lo studio adeguatamente controllino ogni giorno il carico di lavoro che devono affrontare nei giorni a seguire, facciano una stima ipotetica dell’impegno e del tempo che gli verrà richiesto, appurino che oggi hanno meno compiti di altri giorni, suddividano un eventuale argomento di una certa entità, in varie parti e le studino un po’ per giorno e, infine, il giorno prima del compito o dell’interrogazione, mettano insieme le varie parti studiate nei giorni precedenti, dando una completezza allo studio attraverso degli approfondimenti.
Non è ovvio. Va insegnato.
Non basta dire “organizzati” perché, chi non lo ha mai fatto, non sa come affrontare un lavoro così complesso che richiede diversi passaggi.
Come aiuti i tuoi figli? Figlio troppo distratto
Faccio un altro esempio: una mamma di un bambino di 11 anni mi dice “Mio figlio si distrae. È in grado di svolgere gli esercizi di matematica, a casa li fa senza errori (perché lei lo riporta continuamente con il focus sul lavoro che sta compiendo) ma a scuola si distrae e, ogni volta, fa una serie di piccoli errori di calcolo, piccoli errori di allineamento, oppure salta un piccolo passaggio e, alla fine, prende brutti voti”.
Anche in questo caso, cosa dice al figlio? “Devi fare più attenzione, devi stare più concentrato” e io le chiedo “Come si fa?”.
Lo chiedo seriamente. Qual è la strategia che attui quando vuoi essere concentrata e non vuoi farti distrarre dal mondo che ti circonda?
Perché, quello che dovete passare ai vostri figli non è il titolo del libro, ma il contenuto del libro. Non gli è di alcun aiuto la solita frase fatta “stai più attento” ma devi dirgli cosa deve fare per riuscire a non distrarsi e, magari, puoi passare ai tuoi figli la tua strategia che metti in atto, inconsapevolmente.
Proprio come per i tuoi figli non è semplice rendere concrete le indicazioni astratte, so bene che anche per te, inizialmente, non sarà semplice elaborare, scoprire, capire la tua strategia d’azione e insegnargliela, ma è un passaggio indispensabile se vuoi essere realmente d’aiuto.
Un aiuto vero ai figli
I genitori che non fanno lo sforzo di scoprire ed insegnare una reale strategia d’azione, dicono le solite frasi che hanno il solo risultato di liberare la coscienza dei genitori stessi che, in questo modo, hanno la sensazione di aver fatto il proprio dovere dando i soliti consigli. Del resto sono gli stessi consigli che hanno ricevuto a suo tempo dei propri genitori.
Poniamo l’esempio del figlio che prende brutti voti in italiano perché, quando gli viene assegnato il compito in classe, legge in modo approssimativo le indicazioni dell’insegnante e va fuori tema, oppure, sbaglia a svolgere il problema perché legge male il testo del quesito che viene posto.
Solitamente, in questi casi, quali indicazioni dà il genitore al proprio figlio? “Leggi più attentamente…”
Giusto? Dico bene? In effetti è una indicazione opportuna, perfetta, perché se leggesse più attentamente non incapperebbe in quegli errori.
Ma se io fossi il figlio chiederei “come si fa?”.
Eh sì, perché mi metto nella testa di tutti quei figli che hanno il problema di leggere con poca attenzione i testi o i quesiti, cosa avviene? Sono in classe, con la tensione del compito in classe che sta per iniziare, viene scritto alla lavagna il titolo o il quesito, lo leggono e, una parte del cervello dice loro con assoluta certezza “Ah, si, ho capito, chiede questo…” e partono in quarta senza considerare alcune parole che ne cambiano il significato.
Il problema di quel bambino è che il suo cervello è certo di aver capito tutto. Le convinzioni sono tali perché non vengono messe in discussione, altrimenti sarebbero dubbi. Quindi, convinto d’aver già capito e di poter iniziare a lavorare, non si pone il dubbio d’aver letto in modo errato.
Purtroppo, quando inizi a lavorare sulla base di un’interpretazione invece che della vera comprensione del testo, come fai a far ragionare il cervello diversamente?
Il problema, in questo esempio, sta tutto qui. Dirgli semplicemente e sbrigativamente “leggi più attentamente” non è la soluzione.
Occorre che dedichi del tempo a scoprire come insegnargli a leggere con maggiore attenzione. Se gli spieghi questo, se gli insegni questo, se gli fai capire in che modo deve agire per risolvere la sua abitudine che lo porta a sbagliare, allora lo stai realmente aiutando, ma dire “Leggi meglio!” è un modo sbrigativo e per nulla utile.
Le coppie devono andare d’accordo
Immagina se io, durante gli incontri che svolgo con le coppie che desiderano riavvicinarsi, che hanno difficoltà a comunicare o che si ritrovano spesso a discutere anche animatamente, dicessi loro, “andate d’accordo. Capitevi”. Se andasse bene per dare le giuste indicazioni ai tuoi figli dovrebbe andare bene anche per loro e, in un appuntamento di pochi minuti, avrebbero risolto ogni problema.
E invece, come hai capito, non basta. Occorre insegnare loro come agire, come riuscirci.
Ci avevi mai pensato? Noi consideriamo facili alcune cose e crediamo che lo siano anche per le persone che amiamo.
Non dobbiamo banalizzare nulla di ciò che per noi è semplice.
Qualche sera fa stavo guardando un film dove il protagonista era affetto da Parkinson e non riusciva a bere, eppure si dice “facile come bere un bicchiere d’acqua”. È facile per chi ci riesce; per altri che non sanno come fare, per il bambino piccolo che non è ancora capace a portare il bicchiere alla bocca, non è facile per niente.
In fondo è proprio il lavoro di un coach: far scoprire le strategie migliori e portare ad applicarle.
Fabio Salomoni