Aumentare l’autostima è una questione di apprendimento. Sarete d’accordo con me sul fatto che i bambini sono progettati per apprendere, fin dalla nascita.
Per coltivare la loro autostima, il nostro supporto di genitori è fondamentale. In questo articolo vi spiego perché.
Supportato da teorie e contenuti che aiutano a identificare l’atteggiamento migliore, cercherò di darvi qualche suggerimento per cominciare a comprendere.
Autostima in età evolutiva: questione di apprendimento
Per aumentare l’autostima nei bambini o nei ragazzi, è importante comprendere come apprendono. La loro prima fonte di apprendimento sono infatti proprio i genitori e tutte le persone con la quali entrano in contatto.
Poiché la comprensione della comunicazione verbale avviene solo in un secondo momento, il bambino scopre che lo strumento a sua disposizione per apprendere è la vista e quindi, osserva ciò che gli altri fanno. L’esempio.
Questo processo fa sì che i genitori diventino punti di riferimento credibili e le loro affermazioni o quanto esprimono attraverso il comportamento, diventano per il bambino la verità.
Quando un genitore dimostra di avere piena fiducia nelle capacità del proprio figlio, trasferisce questa fiducia nel bambino e questo farà da propulsione per le sue attività, incentivandolo e motivandolo.
Cosa fare per aumentare l’autostima nei bambini?
Come aiutarli, in altre parole, a crescere con una maggiore autostima? Credere in qualcuno significa dimostrarglielo attraverso le parole e i comportamenti.
Il primo assioma della comunicazione di Paul Watzlawick afferma che “non si può non comunicare”, quindi tutto è comunicazione: ogni espressione, ogni frammento di frase trattenuta, ogni sguardo e l’energia intrisa delle nostra convinzioni che emaniamo nell’ambiente.
Non puoi mentire e, quanto realmente credi in tuo figlio, influirà sul suo futuro.
Aumentare l’autostima con le parole: un esperimento sociale
Si può accrescere l’autostima e la fiducia in se stessi grazie al linguaggio giusto? Hai mai sentito parlare dell’effetto pigmalione?
Nel 1968 un professore dell’Università della California, Robert Rosenthal, e una Preside di una scuola elementare, Lenore Jacobson, fecero un esperimento sociale.
A quel tempo, i bambini che iniziavano la scuola venivano sottoposti a un pre-test che ne misurava l’intelligenza. Dissero ad alcuni insegnanti che la loro classe era costituita dal 20% degli alunni che avevano mostrato i risultati migliori.
Gli insegnanti credettero quindi di avere a disposizione una classe di geni. Il risultato sorprendente fu che a fine anno scolastico, i ragazzi di quelle classi mostrarono un rendimento di gran lunga superiore ai coetanei di altre classi.
Venne descritto come “effetto pigmalione” e Rosenthal lo spiegò dicendo: “Quando ci si aspetta un determinato comportamento da qualcuno, agiamo in modo che questo comportamento previsto accada con maggiore probabilità”.
La convinzione di avere degli alunni particolarmente dotati aveva spinto gli insegnanti ad avere maggiori attenzioni, a stimolarli con più accuratezza, in un clima di fiducia e successo che ha portato i ragazzi a rendere meglio ottenendo quei risultati che ci si aspettava ottenessero.
Analogamente, più i ragazzi ottenevano sorprendenti risultati, più gli insegnanti si convincevano delle loro qualità, si entusiasmavano e mostravano loro tutto il proprio apprezzamento.
Autostima e convinzioni
Cosa c’entra quindi l’autostima con le convinzioni? Ne abbiamo appena avuto una prova.
Nei corsi di crescita personale si parla spesso delle “profezie auto-avveranti” ossia di come le convinzioni siano determinanti nell’influenzare scelte, atteggiamento e azioni portando a realizzare proprio quanto si era previsto.
Tutto questo è meraviglioso ma al momento stesso devastante, perché un genitore con una scarsa fiducia nel mondo, nelle possibilità del futuro, con poca considerazione sulle persone, tenderà a influenzare le convinzioni del proprio figlio ed a forgiare un ceto tipo di prospettiva.
Ancora peggio, un genitore con scarsa fiducia in sé stesso, nelle proprie capacità, facilmente arriverà a credere che il DNA non menta e che anche le capacità del figlio siano di scarso valore.
Come aiutare un figlio a trovare la strada
Per capire come aiutare un figlio a trovare la strada, vi porto un esempio tratto da un episodio cinematografico che conoscerete. Molti ricorderanno il film interpretato da Will Smith “La ricerca della felicità”.
Il bambino gioca a basket e facendo canestro grida entusiasta “Sarò un professionista” ma il padre abbatte le sue illusioni dicendogli: “Oh oh, ok…si, cioè…non lo so, forse giocherai più o meno come giocavo io! È così che funziona sai? Io ero abbastanza negato quindi probabilmente arriverai non so al mio stesso livello, forse, sarai bravissimo in un sacco di cose; in questa non credo, perciò non voglio che tu stia qui a tirare la palla per tutto il giorno ok?”
“OK” rispose il figlio.
Quindi Will Smith ormai disilluso dalla vita, non sa come aiutare il figlio a trovare la strada e lo convince di non poter avere particolari doti e lo induce a non allenarsi più, a non tirare più a canestro, e sono proprio quei comportamenti che determineranno il risultato profetizzato dal padre di essere “abbastanza negato” e ottenere scarsi risultati come il padre.
Fortunatamente, in questo caso, il protagonista si ravvede e corregge la propria affermazione “Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Neanche a me. Ok? Se hai un sogno tu lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila. Punto”.
Per aiutare tuo figlio o tua figlia a trovare la strada, fermati, adesso, e rifletti sulle tue parole.
Credi nei tuoi figli. Non proiettare su di loro le tue insicurezze.
Se è più forte di te… lavoraci.
Fabio Salomoni