L’articolo di oggi è dedicato all’ansia genitoriale ma, come prima cosa, è doverosa una precisazione per evitare che qualche psicologo, psichiatra, terapeuta pignolo mi scriva dicendo “l’ansia non è un problema di cui si deve occupare lei, è un problema dello psicoterpeuta… bla bla bla”.
Sì, è vero e l’argomento di oggi non sarà l’ansia intesa come patologia. Ti parlerò di quello stato di intensa preoccupazione che spesso attanaglia i genitori e che comunemente viene espressa attraverso frasi come: “Ho l’ansia per il futuro dei nostri figli”, “Ho l’ansia per l’interrogazione di mio figlio” “Ho l’ansia perché non so dove va mia figlia quando esce”.
Da dove è nato questo argomento? Da un post che ho letto di una signora che chiedeva ad un gruppo facebook dedicato agli adolescenti, un consiglio per un’App di localizzazione dei figli.
Il testo della signora era ben scritto, completo e precisava che le serviva perché provava la tipica ansia genitoriale quando il figlio usciva e lei non sapeva dov’era, cosa faceva, con chi stava.
A colpirmi sono stati i tanti commenti sotto il suo post di altrettante mamme che, sotto l’effetto dell’ansia genitoriale, dicevano “eh sì, giusto, così siamo meno preoccupate”.
Se da una parte posso comprendere il desiderio di tutela e salute delle persone che più amiamo al mondo, che sentiamo essere parte di noi e che vorremmo sapere sempre al sicuro, dall’altra parte il post e i commenti mi hanno fatto capire che c’è un problema di ansia genitoriale.
Ansia genitoriale per mancanza di fiducia
Intanto, una mamma che vuole installare una App, magari senza che il figlio ne sappia nulla, dice molto sul rapporto che c’è tra quel genitore e il/la figlio/a.
Non è segno di un buon rapporto. Da una parte c’è un figlio adolescente con il suo desiderio e bisogno di autonomia, di libertà, di distacco dai genitori per poter maturare, per fare le proprie esperienze, per mettersi alla prova e, sul fronte opposto c’è un genitore con la sua ansia genitoriale che, PER UN PROPRIO BISOGNO di tranquillità, per una propria esigenza di non avere il cuore che pulsa nervosamente, agisce in un certo modo.
Tutto questo denota principalmente una scarsa fiducia nei confronti dei figli.
Mi potresti dire “Fabio, ne ha combinate tante, ogni tanto me ne fa una, come posso fidarmi?” e io rispondo “ma cos’è un rapporto d’amore senza fiducia?”.
La fiducia dovrebbe esserci sempre: in un rapporto di coppia se viene a mancare la fiducia il rapporto è finito e lo stesso avviene in un rapporto genitori-figli.
Quando viene a mancare la fiducia si ha sempre il bisogno di “mettere alla prova”, c’è sempre un clima di sospetto. Quando viene a mancare la fiducia, anche se i figli dicono la verità si pensa che stiano mentendo.
L’ansia genitoriale per evitare il confronto
Disse Mark Twain: “Gran parte della mia vita è stata spesa a preoccuparmi di cose che non sono mai accadute” e, se ci pensiamo, è proprio così.
Come genitori, anche se siamo sotto l’effetto dell’ansia gentioriale, dobbiamo sempre tenere a mente che siamo esempio; se, già noi, mettiamo in atto il sotterfugio di un controllo senza accordo attivando un’App senza parlare con il figlio per evitare la discussione, per evitare il suo rifiuto, per evitare la sua opposizione, se ci pensi, è lo stesso comportamento dei figli che non parlano con i genitori per evitare problemi.
Se l’esempio è questo non mi stupisco che il figlio faccia altrettanto.
Vuoi installare l’App di controllo nel cellulare dei tuoi figli? Devi saperli convincere o devi avere il coraggio di affrontare la battaglia con loro, devi saper porre la tua richiesta in modo che possa venire accettata e se non la accettano? Dovrai confrontarti con il rifiuto.
Il bisogno di controllo
Il bisogno, del genitore con l’ansia genitoriale, di avere tutto sotto controllo, è un tema dei nostri tempi.
Oggi esiste il cellulare e si ha a disposizione uno strumento di controllo che, quando ero piccolo o giovanotto io, non esisteva. Ai miei tempi, se ti allontanavi da casa, potevi essere a 1 km o a mille chilometri e c’era solo la cabina del telefono per comunicare. Se avevo un problema, una difficoltà, se non sapevo come tornare a casa, dovevo aguzzare l’ingegno e trovare una soluzione.
I genitori di 40 anni fa, forse perché non potevano fare altrimenti, dovevano accettare che i figli fossero fuori dal loro radar per un po’ di ore. I figli si allontanavano per giocare e tornavano la sera, spesso sporchi e sudati e, tra l’uscita e il rientro, c’era un buco, un vuoto, ed i genitori dovevano accettarlo.
Oggi c’è questo bisogno di sapere tutto di tutti e su ogni cosa altrimenti il genitore va in ansia, lo ripeto, non per il bene dei figli ma per sedare le proprie preoccupazioni.
Preoccupati dall’abbandono della casa natia
I figli, è risaputo, una volta adulti faticano a staccarsi dalla casa dei genitori. Il tempo di uscita dal “tetto genitoriale” ritarda sempre più.
In parte ciò è dovuto alle difficoltà a trovare lavoro e potersi mantenere. In parte è dovuto anche alla comodità d’avere chi lava, stira e cucina.
Un terzo fattore di impedimento è dovuto ai molti genitori i quali, a seguito dell’ansia genitoriale, fanno di tutto per trattenere i figli attraverso il senso di colpa: “Ma come? Vuoi andare a vivere da solo? Non stai bene con noi? Ti facciamo mancare qualcosa?”
Tale atteggiamento è legato in parte ad un bisogno d’amore e al timore che, se i figli escono di casa, un pezzo del proprio cuore si allontana definitivamente e irrimediabilmente e, in parte, è legato anche ad un bisogno di sapere i propri figli “al sicuro”, lì accanto a sé, così da poter intervenire prontamente in caso di bisogno, come quando erano piccini.
Figli con gli attacchi di panico
Avrai notato quanti casi, e in continuo aumento, di ragazzi/e, con attacchi di panico.
Da dove arriva questo peso schiacciante? È una domanda che dobbiamo porci. Spesso l’attacco di panico inizia con un leggero disturbo, magari faticano un pochino a respirare e quel sintomo li preoccupa a tal punto che vanno in panico.
In realtà non è nulla ma, la preoccupazione di cosa potrebbe essere, fa diventare un sintomo sempre più reale e preoccupante per chi lo vive, sino al panico. Da dove arriva così tanto timore? In epoca di ginocchia sbucciate e di ferite che guarivano con un bacio, gli attacchi di panico non c’erano. In parte sono una conseguenza della subentrata ansia genitoriale “e se si infetta?” “e se resta la cicatrice?” “e se andrà in cancrena e perderà la gamba e andrà in giro con il moncherino?”
La preoccupazione ingigantisce ogni cosa e, inconsapevolmente vengono insegnati ai figli 2 pensieri:
- Ogni cosa potrebbe sfociare in una sciagura irreparabile
- Ci penso io (genitore) a evitare che sopraggiunga la sciagura perché tu (figlio) non sei in grado di farlo
Insegnare ai figli a cavarsela da sé
I genitori con l’ansia genitoriale, se sanno i propri figli tranquilli e al sicuro, possono dormire sonni tranquilli. Sì, tranquilli, ma a discapito dei figli. Il proprio bene viene anteposto a quello dei figli.
Ti faccio un esempio: poniamo il caso che un genitore debba accompagnare la mattina i propri figli a scuola…
MA… la mattina non ha voglia di alzarsi… non gli va, non ce la fa… preferisce stare ancora una mezz’ora a letto, non gli va… poi con questo freddo, si sta così bene sotto le coperte… e quindi non accompagna il bambino a scuola e lui non ci va…
Ti sembra corretto? No… cosa diresti a un genitore che agisce così?
Diresti “Chi se ne frega se non hai voglia di alzarti… chi se ne frega se non ti va, chi se ne frega se il tuo meglio è restare a letto… ti alzi ugualmente e lo accompagni… perché è un tuo dovere, è un tuo obbligo e lo fai anche se non ti va per il suo bene…”
Giusto? Diresti questo? Diresti che il bene dei figli viene prima del proprio bisogno, in questo caso, di restare a letto? Ok, allora vale sempre.
Vale per tutte le cose che mettiamo in atto a discapito dei figli solo per il nostro comodo. Mi potresti dire “Beh, ma è un esempio estremo.
È ovvio che in quel caso, anche se non ho voglia, mi alzo e lo accompagno, ma qui è diverso, qui è per la sua tutela, per il suo bene, per la sua protezione…”. È un bell’alibi che la mente cerca di creare per continuare ad esercitare un controllo per il bene dei genitori a discapito di ciò di cui hanno bisogno i figli.
L’ansia genitoriale trasmessa ai figli
Guardiamoci in faccia: i genitori che vivono l’ansia genitoriale sono iper-preoccupati, per i voti dei figli come se la loro preoccupazione possa migliorare le loro prestazioni.
Non sto parlando di quei genitori che quando i figli sono a scuola e sanno che hanno il compito o l’interrogazione, li pensano e, in cuor proprio, sperano che tutto vada per il meglio. Questo sarebbe normale.
Stiamo parlando di quei genitori che entrano in uno stato di fibrillazione, ci pensano, ci ripensano, non vedono l’ora di chiamare al cellulare i figli per sapere com’è andata. Occorre essere consapevoli che momenti di difficoltà, i figli, ne vivono 1000 all’anno, vanno a scuola per almeno 10-15 anni, quindi un genitore con l’ansia genitoriale vive 15000 mattini o pomeriggi o giornate con incontenibile preoccupazione.
Ma veramente vuoi far vivere in uno stato ansiogeno tutto questo tempo i tuoi figli? Eh sì, perché è inutile far finta di niente: l’ansia dei genitori viene vissuta anche dai figli, come se questi ragazzi non avessero già le loro preoccupazioni, il loro stress, come se i figli del giorno d’oggi non fossero già sovraccaricati di aspettative.
Ti pare il caso di caricarli anche delle preoccupazioni delle ansie genitoriali? Vi ricordo che il numero di ragazzi che tentano il suicidio è in netto aumento, il numero di figli che si abbandonano nell’alcol è sempre maggiore e, attenzione, l’uso di alcol per ribellione, come gesto di sfida, come gesto anti-conformista, è dei nostri tempi. Oggi, pochi giovani fanno uso di alcol o droga per essere diversi, per ribellione. Oggi, la maggior parte dei ragazzi che abusano di alcol, e sono in numero sempre crescente, lo fa per fuga. Fuga dalla pressione, fuga dalla noia che sentono di dover riempire in qualche modo, è per anestetizzarsi da una vita che non riescono a reggere e gestire.
L’iper-protezione porta a soffocare
Alcuni genitori mi dicono “ma io non ci riesco, non ce la faccio… mi prende l’ansia genitoriale, mi prende la preoccupazione, devo sapere dov’è, cosa fa, con chi è. Sento che devo pre-occuparmi per tutto. Lo aspetto alzato/a fino a che non rientra in casa la sera o la notte. Se fa le 4 io resto in piedi ad aspettare fino alle 4. Non riesco a fare altrimenti”.
Lo capisco, capisco che l’amore per i figli possa portare a questo senso di preoccupazione ma è sbagliato per i figli.
Questo atteggiamento va contro ciò di cui hanno bisogno, va contro il loro bene, è un pessimo esempio, li carica di ulteriore stress e pressione.
Quindi, se non ci riesci, lavoraci.
Quindi se non riesci a controllarti ma hai compreso che è importante riuscirci, trova un professionista, psicologo, coach, counselor, cerca chi vuoi, e lavoraci. Fai un percorso, perché i figli meritano di ricevere amore ma l’amore deve essere gestito perché l’amore non gestito o gestito male può causare danni e sofferenza.
Iper-proteggere porta a soffocare, non ad amare.
Fabio Salomoni